Scrivere è il più importante strumento culturale di cui dispongono gli esseri umani. I sistemi e modelli di scrittura praticati dall’uomo a partire da 5.500 anni fa,quando nasce la scrittura, sono tanti e differenti. Sono prese in esame le principali forme di scrittura praticate in Europa occidentale che hanno come riferimento il modello dell’alfabeto latino. L’alfabeto italiano prosegue quello latino, che sembra sicuramente provenire da quello etrusco.
Il più antico esempio di scrittura latina è il “Lapis Niger”, scoperto nel Foro Romano nel 1899 presso l’Arco di Severo: le lettere sono maiuscole, cioè tutte della stessa altezza e comprese tra due linee parallele. L’andamento delle prime iscrizioni romane è bustrofedico, più tardi la direzione diventerà destrorsa e tale rimarrà. L’espansione dell’Impero romano esporta l’alfabeto latino quasi in tutto il mondo conosciuto e rende la scrittura una pratica corrente.
La “capitale romana” è la base di tutte le scritture, non solo di quelle adoperate in tutto il lungo periodo della storia di Roma, ma anche delle scritture medievali fino allo stampatello moderno. Questa scrittura epigrafica viene usata nell’antica Roma sia per le inscrizioni su pietre e marmi, sia per la compilazione di testi. Utilizza solo lettere maiuscole di composizione geometrica che vengono prima dipinte con un pennello sulla pietra e successivamente incise con lo scalpello. Un esempio della stessa è dato dalle inscrizioni poste sulla Colonna di Traiano (110-113 d.C.).
Successivamente, tra il II e il III sec. d.C., compare la “capitale rustica”, che deriva dalla “capitale romana”, i cui primi esempi di scrittura appaiono nei papiri di Ercolano. È caratterizzata da forme più strette, compatte ed è fortemente verticale. Viene vergata con il calamo su pergamena di pelle di pecora, di agnello o di vitello.
La “capitale quadrata romana” o “capitale elegante” è anche essa una scrittura maiuscola, che si sviluppa a partire dal IV secolo, con le forme geometriche del carattere che vengono modellate sulle figure del cerchio, del quadrato e del triangolo, con le parole spesso non distinte le une dalle altre.
L’Impero romano, grazie alle sue conquiste territoriali, impone ai popoli sottomessi la sua cultura e, di conseguenza, la sua scrittura. Con il diffondersi del Cristianesimo, grazie all’editto di Costantino (314 d.C.), si sente il bisogno di una “parola scritta” che possa essere utilizzata nei testi sacri; si diffonde una nuova scrittura latina che risponde alle esigenze di un pubblico diverso di lettori. Nasce così la “scrittura onciale” (usata tra il IV e il X sec d.C.) che si rivela essere la più adoperata nei codici miniati e utilizzata nei testi biblici. È un tipo di scrittura maiuscola le cui caratteristiche sono le forme tondeggianti, ariose, comprese tra due linee parallele. Ha una grande diffusione ed il suo uso si è protratto a lungo nel Medioevo.
La “semionciale” è una scrittura mista tra la maiuscola e l’onciale, non è più compresa tra due linee, ma tra quattro, due per il corpo della lettera e due per le ascendenti e le discendenti. I caratteri presentano un disegno irrigidito con le aste molto allungate, comportando un problema di impaginazione perché le interlinee hanno bisogno di spazi proporzionali all’altezza delle aste e dei prolungamenti, altrimenti si toccano. È vergata con la penna volatile, sempre su pergamena. Viene adoperata nell’uso libraio, nei testi di studio e di lettura, nelle comunità e nelle scuole religiose, soprattutto nell’Italia centro-settentrionale e in Francia.
Con il crollo dell’Impero romano d’occidente (476 d.C.) si conclude l’età antica e inizia, come è noto, il Medioevo. La conoscenza viene tramandata grazie all’opera dei monaci scribi, che realizzano copie dei testi classici. In questo contesto si favorisce lo sviluppo di grafie particolari legate a determinate realtà territoriali. La “insulare” e la “beneventana” sono un esempio lampante. La “insulare” si sviluppa in Irlanda e in Gran Bretagna tra l’VIII e il X secolo. Si presenta con forme molto armoniose, curve e tondeggianti; essa utilizza sia la maiuscola che la minuscola.
Contestualmente, in Italia centro-meridionale, si diffonde la scrittura “beneventana” che vede nell’Abbazia di Montecassino uno dei maggiori centri di diffusione. Viene utilizzata come scrittura libraia nei manoscritti di medicina, di teologia e di storia. Si propaga nei maggiori centri culturali dell’Italia meridionale tra cui Cava dei Tirreni, Salerno e Napoli, continuando ad essere utilizzata fino al XIII sec. Questa scrittura si presenta con la forma delle lettere estremamente elegante e l’alternanza di tratti molto spessi a tratti sottilissimi ed è caratterizzata da numerose legature.
Nella Penisola Iberica e nel sud della Francia, a partire dal VII fino al XII secolo, la scrittura più comune è la “visigotica” che ha influenze sia dell’onciale che del semionciale. La “merovingica”, in uso nella dinastia dei Merovingi che regnano a lungo nel territorio della Francia (antica provincia romana della Gallia, dalla fine del V secolo fino all’VIII), viene utilizzata soprattutto per scopi documentari o cancellereschi. Presenta lettere alte e strette, gli ascendenti e discendenti molto allungati, a tal punto da intricarsi tra loro.
Con la nascita del Sacro Romano Impero e l’incoronazione di Carlomagno il giorno di Natale dell’800 si attua un processo di alfabetizzazione importante. Si avverte l’esigenza di una scrittura unica che diventi rappresentativa dell’Impero. Nasce così un progetto grafico di grandi ambizioni che, ispirandosi alle scritture romane, dà vita ad un nuovo modello: la “minuscola carolina”, detta anche “scrittura di cancelleria”.
Il Monastero di San Martino di Tours, diretto dal priore Alcuino di York, diviene il centro nevralgico della produzione di testi scritti a mano e realizzati con questo nuovo modello di scrittura. Alcuino di York è nominato da Carlomagno (re dei Franchi, imperatore romano) direttore della Scuola Palatina con il compito di riorganizzare il sistema scolastico di tutto l’Impero.
Tale scrittura viene usata a partire dalla fine dell’VIII secolo fino al XII secolo, così detta per la sua formazione in rapporto con la rinascita promossa da Carlomagno. Questo stile si sviluppa in tutta l’Europa latina (escluse l’Italia meridionale e la Dalmazia) ricreando un’unità grafica europea. Si presenta come una scrittura minuscola, piccola, con forme rotondeggianti ed equilibrate di grande chiarezza e leggibilità. La composizione delle lettere appare chiaramente definita distinguendo le une dalle altre, con una leggera inclinazione verso la destra e un lieve ingrossamento alle aste superiori.
Al successo di questa scrittura contribuisce l’intensa attività libraria connessa con il Rinascimento letterario carolingio. Tra l’XI e il XIII secolo inizia a formarsi, con buona probabilità nel nord della Francia, un nuovo tipo di scrittura molto elegante ma scura e di difficile leggibilità: la “gotica”. Questo stile è molto apprezzato in Germania e utilizzato come scrittura libraria. I caratteri generali della minuscola gotica sono: la mancanza di curve, la riduzione dei prolungamenti superiori e inferiori, il ritmo ripetitivo e serrato, le lettere vergate molto vicine tra loro. Per quanto riguarda l’Italia, tra la fine del 1300 e l’inizio del 1400, si assiste ad un ripristino delle forme antiche di scrittura che erano ormai andate in disuso. Grazie ad un gruppo di umanisti fiorentini discepoli di Petrarca, tra i quali il Boccaccio, si tenta di creare una nuova scrittura nell’imitazione della “carolina” che chiamano “antiqua”, come se fosse la rappresentazione della cultura e dell’eleganza classica. La “antiqua” si presenta chiara, dal tratto sottile, con le lettere legate tra loro e leggermente inclinate. Le maiuscole vengono prese dalla capitale di età classica con adattamenti di carattere ornamentale. Intorno alla metà del ’400, con l’invenzione della stampa, grazie a Johannes Gensfleisch, detto Gutenberg (orafo e tipografo), si assiste ad una rivoluzione nel modo di conservare e trasmettere le informazioni. Gli incunaboli sono tra i primi libri prodotti dall’invenzione della stampa a caratteri mobili. In quegli anni il “best seller” rimane “La Bibbia”, di cui vengono stampate 99 edizioni in trenta anni. La novità di sostituire la penna d’oca per scrivere, con i caratteri metallici riutilizzabili, semplifica la riproduzione dei testi ed ha degli effetti dirompenti anche sulla lingua. I libri sono alla portata di tutti e la loro diffusione è molto più veloce rispetto al passato.
Gli amanuensi, sotto l’incalzare della diffusione dei libri attraverso la stampa, vedono annullarsi il loro pubblico; alcuni di loro diventano tipografi ed altri librai.
A partire dal ’500, si verifica un notevole aumento delle biblioteche pubbliche possedute dai laici, a scapito di quelle private, che appartenevano ai centri ecclesiastici. Contestualmente, in Italia settentrionale, prende forma un altro tipo di scrittura corsiva, che viene utilizzata negli atti notarili, nelle cancellerie vescovili e negli atti di commercio: la “italica” o “cancelleresca italica”. La “cancelleresca” è stata inventata a Firenze da Nicolò de’ Niccoli, letterato e umanista (1364-1437), come versione veloce della calligrafia umanistica dei primi decenni del Quattrocento. Questa scrittura diventa molto popolare in tipografia dove viene utilizzata in alternativa al carattere romano.
La “cancelleresca” è l’origine di tutti i corsivi oggi in uso nei paesi occidentali rimanendo lo stile di scrittura preferito da molti calligrafi. Il nome “cancelleresca” deriva dal fatto che viene adottata come scrittura ufficiale dalla Cancelleria di Stato della Chiesa. Ludovico degli Arrighi, la illustra ne “La Operina, di Ludovico
Vicentino, da imparare di scrivere littera cancelleresca” (1522). È il primo trattato teorico di calligrafia che sviluppi sistematicamente le regole di esecuzione della umanistica cosiddetta “corsiva”. È considerato un esempio di arte della scrittura, oltre che un vademecum per la composizione di testi scritti a mano e testi per stampa.
Il modello di scrittura minuscolo “italico” è armonioso ed elegante e si evolve verso quella forma di scrittura dai “belli caratteri” che rispetta i canoni estetici dell’armonia, dell’ordine e delle proporzioni dettati dal Rinascimento. Si tratta della “bella scrittura” insegnata da Giovanni Antonio Tagliente ai diplomatici presso la Cancelleria veneziana.
Negli stessi anni, Giovanni Battista Palatino pubblica il manuale intitolato “Libro nuovo d’imparare a scrivere” con il quale divulga questo nuovo stile. Il “corsivo italico” ha un enorme successo per la fluidità, la duttilità e la possibilità di personalizzazione dei caratteri grafici.
Un contributo importante alla moderna cultura della scrittura è fornito da Aldo Manuzio (1490), editore e umanista, che introduce il carattere di stampa corsivo e il formato ottavo (tascabile). Edita anche il primo libro con pagine numerate su entrambi i lati (recto e verso) introducendo la definitiva sistemazione della punteggiatura nei testi. Insieme a Francesco Griffo elabora bellissimi caratteri tipografici in piombo, oggi chiamati “font”, che si impongono in tutto il mondo. Intorno al 1570, Giovanni Francesco Cresci, scriba del Vaticano, indica le regole di una nuova scrittura, “la bastarda”. Si tratta di una evoluzione della “cancelleresca” molto inclinata a destra, con le lettere tutte legate tra loro e con un tratto più omogeneo. Cresci utilizza come strumento scrittorio la penna di tacchino che è flessibile e assicura una buona resa nel tracciare i tratti curvi. La sua scrittura corsiva si diffonde in tutta Europa grazie al suo tratto filiforme, che si presta alla stampa in calcografia da lastra di rame e incisa con il bulino.
Nel 1600 i canoni estetici dell’epoca barocca confluiscono nel gusto per il “meraviglioso” coinvolgendo anche l’arte dello scrivere che si arricchisce di svolazzi e orpelli.
In Inghilterra, a partire dal 1700, George Bickham (maestro di scrittura e incisore) elabora una scrittura elegante, semplice e chiara denominata “corsivo inglese”. Tale stile ha saputo coniugare l’eleganza e la semplicità dei caratteri diventando utile alla nuova classe emergente di imprenditori e di impiegati. Egli ne descrive le caratteristiche pubblicando, tra il 1733 e il 1743, “The universal Penman”, un manuale che raccoglie gli esempi di scrittura volti a promuove la diffusione del “corsivo inglese”. Viene adottato in molti paesi europei tra cui anche l’Italia.
Con la Rivoluzione industriale si introduce l’uso del pennino metallico con il conseguente definitivo abbandono della penna di volatile. La scrittura più usata in Italia tra il XVIII e il XIX secolo è quella chiamata appunto “italiana”, che proviene dalla “bastarda” ma è più semplificata, elegante, senza eccessivi ornamenti, pendente a destra. È un modello usato dai nostri più grandi scrittori della prima metà del XIX secolo, tra cui Manzoni e Leopardi.
A partire dall’unità d’Italia, nel 1861, il modello di scrittura adottato nelle scuole è il “corsivo inglese”, verticale o inclinato. Alcuni calligrafi la chiamano semplicemente “corsiva”.
Dal 1950 in poi, si incomincia a diffondere in Italia la penna biro, inventata da Laszlò Birò, che la brevetta nel 1938 e grazie alla quale, l’uso del pennino viene definitivamente accantonato.
Bisogna considerare che attualmente sono migliaia i sistemi di scrittura e gli alfabeti esistenti al mondo. L’umanità ha inventato nel corso della sua storia centinaia di sistemi di scrittura. Le lingue viventi conosciute sono circa 7.000; sono elencate nel sito enthnoloque.com e ad esse corrispondono altrettante forme di scrittura, a loro volta catalogate e rese scaricabili (a partire dal 2019) nel sito worldswritinsystems.org. Grazie a questo sito, possiamo prendere visione di tutte le scritture del mondo. Nel 1991 nasce il “Consorzio Unicode”, ovvero un’organizzazione internazionale per la standardizzazione dei codici su scala mondiale. A ogni segno viene attribuito un codice. L’obiettivo è rendere utilizzabile qualsiasi lingua e scrittura su qualunque dispositivo e sistema operativo includendo anche i sistemi di scrittura del passato. Questo sistema, creato da Vitali Konstantinov, ci aiuta a scoprire l’immensa varietà di segni che compongono la scrittura umana.
Ogni sistema di scrittura ha una sua complessità e trae origine da una determinata lingua. Possiamo perfino inventare una lingua nuova di sana pianta. Un esempio lampante è l’alfabeto escogitato dal linguista britannico J.R.R. Tolkien, famoso per la saga de “Il Signore degli anelli”. Egli parlava correntemente diverse lingue e lui stesso ne inventò oltre una quindicina, ciascuna con il suo alfabeto, ad uso di elfi, nani e Hobbit. Allo stesso modo, sono state create lingue e scritture immaginarie per la serie televisiva “Star Trek”. A quanto pare è difficile prevedere come proseguirà la storia degli esseri umani e delle loro scritture.